I 36 comuni delle Isole minori italiane vogliono contribuire a scrivere – insieme al nuovo Governo – quel capitolo sulla crescita e sviluppo che manca nel Patto di stabilità.
Sono consapevoli della difficile situazione economica in cui si trova l’Italia e condividendo l’ottimismo e il moto di orgoglio del Presidente Mario Monti che dice che ce la possiamo fare perché l’Italia e gli italiani sono in grado di porre in essere i comportamenti e le azioni giuste per superare le criticità in cui ci troviamo, sono pronti ad essere una delle molle del cambiamento.
Le nuove sfide e la crisi economica mettono ancora più in evidenza la necessità di costruire un modello di sviluppo più territorializzato e che abbia come presupposto la condivisione delle scelte da parte della collettività e delle sue forze economiche
Sono sempre più evidenti gli effetti di processi decisionali spesso non adeguati ai problemi da risolvere ed in cui le specificità territoriali non sono state adeguatamente valutate.
Si cita per tutti il problema dei servizi essenziali quali scuola, sanità, trasporti che nelle Isole minori necessitano di pesature diverse per fornire e garantire anche ai cittadini isolani quegli standards che vengono attuati sulla terra ferma.
Da anni i Comuni delle Isole minori hanno evidenziato questi gap e questa attuazione distorta del dettato costituzionale, che invece garantisce il diritto ad avere servizi essenziali uguali per tutti i cittadini.
Trasporti inadeguati ed insufficienti generano isolamento e mancato sviluppo.
In un pregevole rapporto sulla riforma delle politiche di coesione, dell’attuale Ministro Fabrizio Barca, era affermato che il principale obiettivo delle politiche di coesione non dovrebbe essere solo quello di ridistribuire le risorse in modo da avvicinare le aree più povere a quelle più ricche, ma anche quello di attivare il cambiamento istituzionale e sociale ed adottare un uso più flessibile degli strumenti, in definitiva una maggiore exaptation generale.
I Comuni insulari ritengono che questa visione possa essere il filo conduttore delle politiche di coesione italiane e la corretta impostazione di quella “novità” auspicata dal nuovo Governo e dalle Isole minori attuata nel modello di sviluppo che sono riusciti a costruire in questi dieci anni di agire associato, coeso ed innovativo.
Sono consapevoli che la coesione territoriale possa assicurare sviluppo in tutte le aree attraverso la valorizzazione delle proprie peculiarità ed attraverso la trasformazione delle diversità e fragilità in asset che contribuiscono allo sviluppo sostenibile generale.
Questo favorirà non solo il riequilibrio delle aree deboli, quali quelle insulari, rispetto a quelle forti in termini di reddito ed occupazione, ma anche di dotazione di infrastrutture materiali ed immateriali, di accesso ai servizi ed in ultima analisi di qualità della vita.
I principi dell’innovazione delle isole minori sono sanciti in un Accordo di sviluppo sottoscritto dall’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato, dai Presidenti delle Regioni Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana e dal Presidente dell’ANCIM.
In definitiva fu sottoscritto un Patto per lo sviluppo economico e sociale delle Isole che presentano particolari svantaggi e problematicità, rendendo il livello locale artefice, insieme alle Regioni ed allo Stato, del proprio sviluppo e soprattutto promotori degli interventi più adeguati per conseguirlo.
Gli strumenti di attuazione sono costituiti da un DUPIM (documento unico di programmazione delle isole minori) che, travalicando i confini regionali, ha dato origine ad una programmazione veramente integrata di area vasta interregionale. Sicuramente questo ha costituito e costituisce un esempio virtuoso a livello nazionale e forse anche europeo.
Hanno fatto della sussidiarietà non solo il principio del livello istituzionale più adeguato per creare sviluppo ed occupazione, ma anche il principio per individuare gli interventi più adeguati per quel territorio attraverso l’ascolto ed il recepimento delle istanze dei propri cittadini e delle forze economiche locali.
Fin dalla nascita dell’Associazione la richiesta di costituire un fondo unico per le isole minori ha costituito il presupposto cardine per una vera programmazione integrata, convinti che fondi di settore e bandi di settore siano la negazione di una virtuosa programmazione pluriennale integrata.
L’integrazione infatti non può essere creata a posteriori e tanto meno attraverso la partecipazione a bandi settoriali e tutti con procedure diverse. Con tale sistema, nella migliore delle ipotesi si può fare un assemblaggio di interventi spesso neanche coerenti tra loro proprio in attuazione di una procedura che può vedere i Comuni vincitori e quindi inserire quel tassello nella tua azione programmatica, oppure perdenti e quindi non si realizza un intervento che era necessario al quadro di sviluppo individuato.
Questo è uno dei cambiamenti ed innovazione delle istituzioni che si chiede di confermare per consolidare il percorso virtuoso interrotto iniziato circa dieci anni fa e poi affievolitosi in questi ultimi anni in cui la settorializzazione dell’agire amministrativo e la procedura per bandi, anche essi settoriali, hanno messo in difficoltà il processo di fondo unico, documento unico di programmazione interregionale e programmazione integrata pubblico privata sia all’interno della stessa area regionale sia delle altre aree coinvolte. In fase transitoria ed in considerazione della scarsità di provviste finanziarie, esso potrebbe essere costituito da aliquote di fondi di settore da fare confluire in un capitolo unico finalizzato allo sviluppo dell’area “isole minori”.
Si chiede anche di potere essere amministratori più autosufficienti e responsabili dal punto di vista delle entrate.
Il federalismo fiscale ha attribuito la possibilità di istituire una “tassa di soggiorno” che i nostri opera-tori e noi stessi consideriamo penalizzante per il turismo, perché è reiterata per tutto il tempo del soggiorno e quindi particolarmente gravosa per quelle famiglie non adeguatamente floride ed in definitiva disincentivante in un settore importante per lo sviluppo di tutte le isole minori.
Da mesi si è proposto, in alternativa, di istituire una tassa di sbarco o di accesso, tassa che, essendo modesta (un euro) e da pagare solo al momento dell’ingresso da parte di tutti, sarebbe più lieve perché più distribuita ed in definitiva più equa.
Questa richiesta che, in qualche particolare caso, porterebbe quasi all’autosufficienza finanziaria, non si è ancora riusciti ad ottenere.
I Comuni delle isole minori stanno per predisporre il nuovo DUPIM ed il nuovo PIST (patto integrato di sviluppo territoriale), sia in preparazione delle nuove sfide e delle innovazioni dei fondi comunitari e sia per seguire il nuovo percorso che il Governo vorrà tracciare.
Per queste ragioni i 36 Comuni delle isole minori
chiedono e propongono al Governo
– Un rapporto diverso come delineato nelle premesse e di essere aiutati a rafforzare e consolidare le innovazioni istituzionali, amministrative e di maggiore responsabilizzazione che hanno intrapreso;
– Il rafforzamento del concetto di fondo unico per lo sviluppo dell’area insulare sia prevedendo un fondo specifico o – in fase di prima attuazione – attraverso quote di fondi di settore già inesistenti;
– Autonomia impositiva spostata dalla voce “tassa di soggiorno” a quella di “tassa di sbarco o di accesso”;
– Riconsiderare le politiche delle aree costiere nella direzione che la stessa UE ha indicato e cioè diversificare la struttura di tali territori attraverso la riconversione delle aree portuali in zone di attività economica differenziata di tipo marittimo, pesca, acqua coltura;
– Riconsiderare il ruolo della formazione professionale, soprattutto in campo marittimo, attraverso la revisione ed attualizzazione dei profili professionali;
– Rivalutare l’ambiente come volano di sviluppo e non considerarlo come realtà da “castello assediato;
– Valorizzare le imprese artigiane e di commercializzazione dei prodotti locali anche attraverso politiche di agevolazioni fiscali e sgravi alle imprese che assumano dipendenti nella bassa stagione;
– Riconsiderare la sanità ed il sociale come motori di occupazione e sviluppo e non solo come centri di spesa;
– I Comuni delle isole minori sono stati e sono impegnati a costruire un modello di sviluppo che parta dai cittadini e particolarmente dalle donne e dai giovani che essendo gli elementi più fragili, specialmente nelle isole, sono quelli maggiormente disponibili ad innovazioni e cambiamenti come richiede la situazione attuale.