La filiera giornalistica, lo sappiamo bene noi che vi operiamo, è complessa. Magari andrebbe definita più correttamente filiera della comunicazione, specie al tempo del coronavirus. Ho usato il termine filiera per due motivi. Il primo è per essere in sintonia con quanto ha indicato il Governo, nella ricerca di individuare le attività indispensabili; chiamandole appunto “filiere”, perché si tratta di una serie di comparti collegati e non un unico segmento produttivo. Esempio, ed è il secondo motivo, la filiera agroalimentare che aggrega molte aree operative, dall’impresa agricola che produce, al supermercato o il negoziante che vendono al consumatore finale il prodotto; il tutto passando per momenti di raccolta, trasporto, trasformazione, ancora trasporto, centri logistici di distribuzione, dettaglio. Tutti sono collegati l’un l’altro, ed indispensabili. Chi, come me, opera per l’informazione all’interno di questa filiera, a maggior ragione se lo fa in un ente pubblico, sente forte il dovere di diffondere le notizie di cui è in possesso al fine di partecipare positivamente al processo di risoluzione, in questo caso dell’emergenza in corso. È certo che l’agricoltura e l’agroalimentare stanno dando un grosso contributo nell’aiutare ognuno di noi e le famiglie italiane ad affrontare una situazione impensabile e mai vista. Produrre e fornire cibo, sano e genuino, di alta qualità come quello italiano, e renderlo disponibile su tutto il territorio nazionale, è una sfida molto difficile e delicata. Se non ci avete mai pensato, quanta sicurezza dà alla popolazione sapere di poter uscire di casa e raggiungere i punti vendita per trovare ciò di cui hanno prioritariamente bisogno, il cibo. Coldiretti ha segnalato un incremento del 47% delle vendite agroalimentari, con un’impennata per i formaggi. Contemporaneamente crescono le vendite online, specie di strumenti per la cucina. Si sta a casa, si vive di più assieme, si torna ad essere famiglia, ed il momento della tavola torna ad essere centrale: anche cucinare aggrega. Informare sulle novità ed i servizi dell’agroalimentare è quindi funzionale a creare un clima sociale favorevole all’accettazione di questa restrizione della libertà personale che altrimenti rischierebbe di sfociare in comportamenti difficilmente gestibili. Giornali, social, televisione, non mancano di perseguire questi filoni comunicativi. Noi giornalisti del settore agricolo e agroalimentare alimentiamo questo desiderio, offriamo statistiche, curiosità, indicazioni, novità. Segnaliamo anche le difficoltà, come quelle in cui si trovano ad esempio gli agriturismi (come tutto il settore turistico) o gli operatori della pesca, o il florovivaismo per fare un esempio, in ginocchio per le conseguenze del COVID-19. Tutto ciò perché sappiamo che, oltre a restare a casa – #iorestoacasa -, uno degli anticorpi più potenti a contrasto di questo nemico sconosciuto è l’informazione.
Mimmo Vita (Presidente di CTS di UNAGA)