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GUSTANDO UNA PIZZA SI PUO’ IMPARARE A PROTEGGERE I PROPRI DATI PERSONALI

Gloria Paci e Luca Di Leo rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell’Associazione protezione diritti e libertà privacy APS

Che pizza sta privacy! A quanti sarà scappato di bocca esasperato dalla fatidica parolina, privacy appunto, che suona sempre più come un eufemismo o solo una serie di regole inutili visto che ora tutti sanno tutto di tutti.  Privacy, una parola entrata ormai nel vocabolario corrente e non dovrebbe più fare effetto visto che la  prima legge italiana che ha regolamentato la materia risale al 31 dicembre 1996 (Legge n. 675/96).

Il cartone della pizza personalizzata

“Prego, metta una firmetta qua..sa è per la privacy”, quante volte abbiamo sentito ripetere questo ritornello al momento di sottoscrivere un contratto, una polizza, un qualunque documento che ci viene sbandierato sotto il naso senza ricevere alcuna spiegazione aggiuntiva. E noi firmiamo, passivamente, meccanicamente, tanto è la prassi e così fanno tutti. E proprio una leggerezza nel firmare documenti senza conoscerne il contenuto, con consensi  già fleggati, ha inevitabili conseguenze: il vedersi recapitare sulla propria mail o tramite sms messaggi non desiderati di carattere promozionale. Ciò che non è ancora chiaro è che la protezione dei dati è un diritto costituzionalmente riconosciuto a ciascun individuo. Ogni persona infatti è l’unico proprietario dei propri dati, siano essi dati personali come il nome, il cognome, il codice fiscale ecc. o dati particolari vale a dire informazioni che riguardano lo stato di salute, la religione, l’etnia, le idee politiche o l’adesione ad un sindacato.  Ma chi tutela i nostri diritti? Le cronache di ogni giorno, dossieraggi compresi, dicono che grazie alle tecnologie più sofisticate si può scoprire di tutto su una persona. Dal conto in banca, ad eventuali relazioni extraconiugali fino ai più piccoli scheletri nell’armadio che ognuno di noi non vuole diffondere. Quando si scopre la magagna e le informazioni sono di dominio pubblico, ormai  la frittata è fatta. Con la complicità di testate giornalistiche ed i canali social in un attimo reputazione e vita privata divengono patrimonio di tutti, oggetto anche di commenti non sempre lusinghieri per il malcapitato.

Dalla frittata alla pizza il passo è breve. Che ci azzecca la privacy con la nostra specialità gastronomica nazional popolare e copiata (con qualche variante) in tutto il mondo? C’entra eccome, seppur con un volo pindarico, ci si arriva. “Che pizza sta privacy”,  è un progetto ideato e realizzato dall’Associazione Protezione diritti e libera Privacy APS (APDLP), https://www.associazionedirittiprivacy.it/ un’associazione di promozione sociale costituita nel 2019 e con sede a Rimini nata per volontà di alcuni professionisti del settore che credono “Nel diritto di avere diritti”, citando il celebre volume di Stefano Rodotà che pone al centro la dignità dell’uomo, unico detentore di un patrimonio di diritti che l’avvento delle nuove tecnologie rischia di annullare dalle logiche di mercato.

QR Code presente sul cartone della pizza

Presieduta dalla giornalista Gloriamaria Paci fina dalla sua costituzione, l’Associazione, che ha iniziato uno scambio di informazioni con Unarga mettendo in rete i rispettivi siti, per il raggiungimento delle finalità statutarie non si rivolge solo a consulenti o esperti del settore, ma ad ogni persona che vuole conoscere e capire come il GDPR (General Data Protection Regolation), ovvero il Regolamento Europeo  2016/679, la norma vigente in tutti i Paesi della UE protegga i diritti e le libertà dei cittadini UE. Sempre più gli Ordini regionali dei giornalisti chiedono la collaborazione dell’ Associazione nei Corsi di formazione e nei Master.

“Che pizza sta privacy”, è un’iniziativa volta a garantire la massima diffusione e conoscenza delle legge. Il progetto è rivolto a tutti, in primis ai consumatori che oltre a gustare l’appetitosa pietanza vogliono acquisire una maggiore consapevolezza sulla norma. Come è possibile? Semplice, l’Associazione ha fatto personalizzare i cartoni della pizza utilizzati per l’asporto.  Considerando che siamo costantemente connessi alla rete e lo smartphone è parte integrante della nostra vita, chissà che mentre si sta assaporando una gustosa pizza venga la curiosità di inquadrare il  QR Code presente sul cartone

Collegandosi e visionando la documentazione pubblicata sul sito dell’Associazione, raggiungibile proprio con il QR Code presente sul cartone della pizza, si possono acquisire nuove consapevolezze sul valore dei dati e sul fatto che, mentre noi stiamo assaporando la nostra pizza, nello stesso istante in qualche parte del mondo, forse qualcuno si sta mangiando con altrettanto piacere, per chissà quali finalità,  milioni e milioni di informazioni all’ insaputa di chi appartengano!

Che pizza sta privacy”, è marchio registrato presso il Ministero delle imprese e del made in Italy.

Nella nostra realtà parlare di protezione dei dati è più complesso di quanto si pensi. Trattandosi di beni intangibili i dati non suscitano gran interesse, sia nel settore pubblico che privato ed i titolari incontrano grandi difficoltà a dialogare con collaboratori, clienti e fornitori su come stanno gestendo gli adempimenti in conformità al Regolamento Europeo 2016/679.

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