di Alberto Romagnoli, Vice Direttore di Rai News
Bisogna raccontare un concetto attraverso un fatto, ed un fatto attraverso un volto. E’ un insegnamento di un maestro del giornalismo, Enzo Biagi. E lo teneva evidentemente a mente anche David Sassoli. Che sapeva tradurre l’Europa, un concetto spesso percepito come vago, attraverso azioni concrete. Ed incarnarle con il suo sorriso. Le istituzioni europee, soprattutto in televisione, rischiano di apparire solo come una sfilata di palazzi (grigi) e bandiere (sventolanti). Invece sono fatte di uomini e di donne, con storie, passioni ed atteggiamenti che le riflettono.
La storia di David era innanzitutto quella di un giornalista che andava incontro alla gente. Ed ha continuato a farlo anche da politico. Fino agli ultimi mesi: in estate, durante una visita ufficiale, ha contratto una legionella che ha finito per aggravare la sua salute già gravata da una leucemia. David si è impegnato nel suo lavoro davvero fino agli ultimi giorni: il suo successore verrà eletto a Strasburgo la settimana prossima. David aveva 65 anni, non era insomma un esponente della generazione Erasmus. Ma di quella precedente, quella che, insieme all’Europa, ci è cresciuta.
Tenendo a mente chi erano i suoi genitori, “io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattutto contro altri europei – disse nel suo primo discorso da Presidente dell’Europarlamento – e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa ed ha trovato rifugio presso altre famiglie”. Come i siriani e gli afghani che bussano adesso alle porte dell’Unione. David è stato ai vertici dell’Europa quando questa ha dovuto affrontare due crisi gravissime: la pandemia e la Brexit. In entrambe le circostanze cercando di guardare oltre la contingenza. Ammonendo i britannici sui rischi della loro scelta (che ora sono ormai evidenti anche a chi vive dall’altra parte della Manica). Ed invitando i capi di governo da subito, dalla sua casa di Bruxelles dove è rimasto anche nelle settimane più dure di lockdown, a varare misure straordinarie. A non ripetere, insomma, gli errori della crisi del 2008.
Un messaggio che fu recepito con quello che è poi diventato il grande piano del “next generation EU”. David era stato scout. Come il suo grande amico Paolo Giuntella. Anche lui ha lavorato, da quirinalista del Tg1, fino a pochi giorni prima della sua scomparsa, nel 2008. Come ha scritto Tommaso, uno dei figli di Paolo, adesso si ritroveranno insieme. E magari ci daranno qualche dritta sui sentieri da percorrere.